Con una recente pronuncia (ord. n. 10300 del 27/04/2018) la Corte di Cassazione si è espressa in materia di difetto originario di capacità distintiva dei segni “Tecar” e “Tecarterapia”, che la società titolare dei corrispondenti marchi, registrati a livello nazionale e comunitario rispettivamente negli anni 2003 e 2007, aveva azionato per agire contro la presunta contraffazione dei segni suddetti da parte di una società concorrente.
In tutti i gradi di giudizio e con la finale conferma della Suprema Corte è stato stabilito che “TECAR” e “TECARTERAPIA” sono termini del linguaggio comune che tutti gli operatori possono utilizzare genericamente per riferirsi ai macchinari e alla relativa pratica fisioterapica.
La Corte ha infatti dichiarato la nullità dei suddetti marchi per difetto di capacità distintiva, in quanto termini già diffusi nel linguaggio scientifico, già al momento della presentazione della loro domanda di registrazione, dando così piena applicazione all’art. 13 c.p.i., lett. a) che ritiene privi di carattere distintivo i segni “che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio“, diversamente dalla lett.b) della stessa disposizione che esclude il carattere distintivo dei segni “costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive che ad essi si riferiscono, come i segni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, /a quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o del servizio“.
La capacità distintiva è dunque un requisito fondamentale per l’ottenimento della privativa e della tutela accordata ad un marchio registrato: l’assenza di tale requisito comporta una vera e propria inesistenza del marchio che, in tal caso, non può in alcun modo essere considerato segno identificativo di qualcosa.